sabato 2 febbraio 2013

Il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Un commento al comunicato di Medici per i diritti umani sui Cie

(Di prossima pubblicazione su «Corriereimmigrazione. Settimanale di informazione e cultura sull'Italia di oggi e di domani».)

Il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto
di Asher Colombo



L'affermazione secondo la quale i Cie sarebbero inefficaci perché solo la metà dei trattenuti viene effettivamente rimpatriata richiama alla mente - letteralmente dati i numeri - il detto sul bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Il 50% di espulsi sul totale dei trattenuti sono tanti o sono pochi? Sono pochi, si dice, anche perché l'estensione a ben 18 mesi del limite massimo di trattenimento amministrativo ha accresciuto in maniera risibile quella percentuale che misura l'efficacia dello strumento. Ma, come si spiega agli studenti al primo anno di università, 50% non è né tanto né poco in sé. Tutto dipende dal termine di paragone. E confrontare il valore attuale con quello raggiunto prima dell'aumento della durata massima del trattenimento nei Cie ha poco senso. Già prima di quella estensione, infatti, il numero medio di giorni di trattenimento effettivamente rilevato, era ben lontano da quello massimo: meno di 2 mesi contro 6, e l'estensione a 18 mesi non avrà prodotto alcuna crescita sulla durata media dei trattenimenti, perché in realtà ragioni economiche tendono a rendere tale durata la più bassa possibile compatibilmente con gli obiettivi dello strumento. Più utile, invece, è paragonare quel 50% con la percentuale di espulsioni raggiunte con gli altri strumenti a disposizione, ovvero il reato di immigrazione clandestina e le espulsioni complessive sul totale dei rintracciati in condizioni di irregolarità (l'unica popolazione misurabile, dato che sugli irregolari abbiamo solo stime in genere abbastanza fantasiose). Gli espulsi tra i denunciati per il reato di immigrazione clandestina sono circa il 20%, gli espulsi sul totale dei rintracciati suppergiù il 25%. In entrambi i casi assai meno di quanto si riesca a fare con i Cie. Tanto basta per affermare che, se abbiamo deciso di guardare alla loro efficacia relativa, i Cie sono lo strumento che ottiene i livelli di efficacia più elevati. Difficile definirlo uno strumento fallimentare quindi. 

Ma se guardiamo altri aspetti - le certe criticità nel rispetto dei diritti umani, le discutibili condizioni di trattenimento - la prospettiva di ridurre il più possibile il ricorso a uno strumento che la normativa europea - e italiana che questa ha recepito - concepisce come strumento di ultima istanza ha chiaramente un senso. Un dato che viene spesso omesso, e che in realtà non è mai stato possibile analizzare a fondo per mancanza di informazioni solide - è la composizione dei trattenuti nei Cie a seconda della loro provenienza. Non intendo, qui, la provenienza nazionale, pure in parte rilevante dato il ruolo che svolgono gli accordi di riammissione nel rendere più o meno probabili i rimpatri, ma la condizione di ex detenuti o meno. Una quota rilevante di trattenuti nei Cie viene infatti dal carcere, dove ha scontato condanne più o meno lunghe per reati comuni. Nella stragrande maggioranza dei casi la durata di queste condanne supera di gran lunga la durata media del trattenimento nei Cie, e sarebbe quindi del tutto congrua per avviare, e magari concludere, le procedure di identificazione e di espulsione, di fatto sottraendo un numero rilevante di stranieri irregolari autori di reati alla doppia sanzione, e riducendo da un lato la sofferenza dei trattenuti, dall'altro il rilevante esborso economico che pesa sulla collettività. 

Perché questa strada non è mai stata, non solo praticata, ma nemmeno presa in considerazione?


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